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La
creazione dei Beatles
Estratto
da: «Le radici sataniche del rock», Collana Quaderni di San Giorgio
http://digilander.libero.it/subliminale/CatLibri.htm
I Beatles iniziarono a suonare
alla fine degli anni ’50 in Jazz club in Inghilterra e nella Germania Ovest.
Questi clubs, sempre situati nei quartieri più malfamati delle città, erano
dei mercati della prostituzione e dei punti vendita della droga. Il biografo dei
Beatles Philip Norman scrive: «Il loro unico ingaggio regolare era un club
di striptease. Il proprietario del club li pagava dieci scellini a testa per
strimpellare le loro chitarre mentre un’arcigna spogliarellista di nome Janice
si liberava dei suoi vestiti di fronte ad un pubblico di marinai, loschi uomini
d’affari e habitués coperti dal loro tipico impermeabile chiuso»[1]
Il gruppo ebbe la sua prima vera opportunità in Germania, nell’agosto del
1960, quando ottennero la loro prima scrittura in un noto jazz club di Amburgo,
nel quartiere di Reeperbahn.
(…)
Mentre erano ancora ad Amburgo, nel giugno 1962, i Beatles ricevettero un
telegramma dal loro manager, un omosessuale di nome Brian Epstein (1934-1964),
in cui gli diceva di tornare immediatamente in Inghilterra. «Congratulazioni
– scrisse Epstein – la EMI vi offre un provino» La EMI era una delle
più prestigiose case discografiche d’Europa, ed il suo ruolo nel promuovere
in futuro i Beatles sarebbe stato determinante. Sotto la guida severa del
direttore di registrazione della EMI George Martin, e di Brian Epstein, i
Beatles vennero ripuliti, lavati e i loro capelli vennero tagliati nella tipica
foggia beatlesiana. Martin creò i Beatles nella sua sala d’incisione. Egli
era un qualificato musicista classico ed aveva studiato oboe e pianoforte alla
London School of Music. I Beatles non riuscivano a leggera la musica e non
sapevano suonare altro strumento che la chitarra. Per Martin, l’abilità
musicista dei Beatles lasciava abbastanza a desiderare. Durante la loro prima
registrazione importante, per il brano «Love Me Do» («Amami davvero»),
Martin decise di sostituire Ringo Starr alla batteria con un musicista di
studio. «Martin – disse poi Ringo – non voleva che fosse un rullo
a rovinare tutto quanto». Da quel momento, egli iniziò ad ascoltare i
piccoli e semplici motivetti che i Beatles avevano ideato ed iniziò a
trasformarli in brani di successo.
Sir Lockwood e la EMI
La EMI, amministrata
dall’aristocratico Sir Joseph Lockwood, vendeva apparecchiature elettriche e
meccaniche, ed era uno dei maggiori produttori di strumentazioni militari
elettroniche. Martin era direttore della Parlophone, una società
controllata dalla EMI. A partire dalla metà degli anni ’60, la EMI creò un
proprio settore musicale che in poco tempo contava già 74.321 impiegati ed un
fatturato annuo pari a 3,19 miliardi di dollari. La EMI era anche un membro
chiave dell’establishment dei Servizi segreti militari britannici.
(…)
Fin dall’inizio, la EMI creò il mito della grande popolarità dei Beatles.
Nell’agosto del 1963, in occasione della loro prima apparizione televisiva al
London Palladium, migliaia di loro fans sembravano in delirio. Il giorno
successivo, ogni quotidiano inglese a grande tiratura riportava in prima pagina
una fotografia e il resoconto del concerto affermando: «La polizia ha faticato
a contenere oltre 1000 adolescenti che strillavano come forsennati». Tuttavia,
la fotografia riprodotta in ogni giornale era stata scattata così da vicino che
solo tre o quattro degli oltre 1000 «adolescenti che strillavano come
forsennati» erano visibili. La storia era una frode. Secondo un fotografo
presente al concerto «non ci fu nessun tumulto. Io ero lì presente. Non ho
visto più di otto ragazze, e forse anche meno»[2]
Nel febbraio del 1964, il mito dei Beatles colpì anche gli Stati Uniti, con
tanto di sommossa orchestrata e inscenata all’aeroporto Kennedy. Per lanciare
il loro primo tour, i media crearono il più grande uditorio di massa della
storia. Per due domeniche di fila – fatto senza precedenti – nel corso
dell’Ed Sullivan Show più di 75 milioni di americani li videro
scuotere le loro teste ed ondeggiare i loro corpi in un rituale che in un non
lontano futuro sarebbe stato ripetuto da centinaia di gruppi rock.
Tornati in Gran Bretagna, i Beatles furono rimunerati da quell’aristocrazia
che avevano servito così bene. Nell’ottobre del 1965, i quattro vennero
investiti dell’Order of Chivalry («Ordine della Cavalleria») e
ricevettero il riconoscimento di Membro dell’Impero Britannico dalle
mani di Sua Maestà la Regina Elisabetta II nel corso di una cerimonia svoltasi
a Buckingham Palace.
(…)
Note
[1] Philip Norman, «Shout! The Beatles in Their
Generation», pag.81
[2]
Idem