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I
cattolici e la caccia agli eretici
di
Enzo Mazzi* - “l’Unità” del 22 novembre 2004
Il
cristianesimo discriminato in Europa? Il laicismo egemone?
Per quello che vedo e sento dal mio osservatorio della strada e della
piazza, in mezzo alla gente, è vero che sono tanti quelli che si dicono
laici in quanto credono di aver risolto il problema del senso della loro
esistenza ignorando i temi religiosi, chiudendoli a chiave nei recessi
bui del loro profondo e relegando la religione nella sfera privata di
anime da confessionale o da lettino psicanalitico. Salvo poi
inginocchiarsi anch'essi davanti ai simboli del potere ecclesiastico. Ma
questo è solo un aspetto del problema del rapporto fra religione e
società.
Ciò
di cui si lamentano le gerarchie religiose va ben oltre l'asfissia del
senso della vita. Attiene all'etica, alla cultura, alla politica e non
ultimo alla economia. Vogliono potere. Non per interesse personale o di
parte.
La loro convinzione è che lo richiede la salvezza dell'uomo e
dell'umanità intera. Questo vale anche per le gerarchie cattoliche. Qui
in Italia potremmo dire soprattutto per loro.
Il
problema del cattolicesimo ufficiale è che non ha ancora elaborato il
lutto rispetto alla perdita del “controllo totale”, cioè del potere
totalizzante e universalistico in senso imperiale, potere che è stato
la sua natura intima fin dalla nascita e la sua forza in
millecinquecento anni di storia.
Cattolico
infatti significa letteralmente universale ma storicamente il suo senso
preciso è derivato dall'universalismo imperiale. Non era cattolico il
cristianesimo dei primi due secoli. All'inizio non era neppure
propriamente una religione. Diventa “religione della società”
quando entra in simbiosi con l'universalismo dell'Impero e si trasforma
così in religione essa stessa universale, cioè cattolica. La politica
di simbiosi iniziata da Costantino fu compiuta come si sa da Teodosio
che proclamò nell'editto del 380 la religione cristiana religione
dell'Impero: “Vogliamo
che tutti i popoli a noi soggetti seguano la religione che l'apostolo
Pietro ha insegnato ai Romani … Chi segue questa norma sarà chiamato
cristiano cattolico; gli altri invece saranno stolti ed eretici … essi
incorreranno nei castighi divini e anche in quelle punizioni che noi
riterremo di infliggere loro”.
La
scelta dell'universalismo imperiale non fu indolore. Creò una profonda
spaccatura interna al cristianesimo. E fu una spaccatura verticale. Gli
strati del cristianesimo più lontani dal centro imperiale ed ecclesiale
e socialmente più umili, in particolare i contadini poveri della Chiesa
africana, insieme ad alcuni loro episcopi, percepirono una tale alleanza
fra la Chiesa e l'Impero come un tradimento del profetismo evangelico.
L'eresia più importante fu il Donatismo.
I donatisti, ma anche altre eresie analoghe, riuscirono a dare profondo
contenuto teologico alla loro rivolta sociale e morale. I fatti sono
noti ma vale la pena riassumerli perché come dirò sono di un'attualità
sconcertante. I proprietari terrieri dell'Africa proconsolare e della
Numidia utilizzarono la persecuzione dioclezianea per terrorizzare,
torturare, umiliare e reprimere i propri contadini. Mentre alcuni
presbiteri e episcopi accettarono la sorte atroce dei contadini, la
maggior parte di loro e specialmente i più importanti lasciarono soli i
fedeli, abiurarono, si salvarono, e soprattutto mantennero il loro
potere, anzi lo ampliarono orientando sempre più la Chiesa verso il
compromesso con l'Impero.
Mensurio,
vescovo di Cartagine, fu uno dei “traditori”. Quando morì di morte
naturale fu eletto al posto di lui il suo collaboratore Ceciliano
consacrato dal vescovo Felice, anch'egli però “traditore”. Una
parte notevole della Chiesa africana, quella rurale, la più povera e
angariata, non ritenne valida una tale consacrazione e al posto di
Ceciliano elesse vescovo di Cartagine Donato. Ma così il donatismo
scardinava uno dei pilastri della dottrina cattolica: il valore assoluto
della successione apostolica in sé, da vescovo a vescovo, senza passare
attraverso le relazioni circolari e territoriali della ecclesia. Più a
fondo, veniva contestata la organizzazione verticista della Chiesa e il
suo universalismo imperiale. La Chiesa dell'amore condiviso, fondata
sulle relazioni legate alla vita e al territorio si opponeva alla Chiesa
del potere, dell'universalità astratta e della legge senz'anima. Il
donatismo animò la chiesa per tutto il quarto secolo. Subì una
durissima repressione e infine su debellato. Perfino la sua memoria fu
annullata. Passò agli annali solo come eresia localista, rigorista e
intollerante verso le debolezze umane. Non che non avesse limiti, ma la
sua teologia fu completamente distorta.
Finché
giunse con i “padri della Chiesa” la definitiva consacrazione
dell'universalismo imperiale: un solo Dio un solo impero una sola Chiesa
universale.
Basta la citazione di S. Ambrogio vescovo di Milano nel VI sec.:
“Tutti gli uomini hanno imparato, vivendo sotto un unico impero
universale, a proclamare col linguaggio della fede l'impero
dell'Onnipotente”. È la pietra tombale sul donatismo. Questo però
divenne quella folata di vento dello Spirito o se si vuole quel fermento
che ispirò molte delle grandi spinte di trasformazione della storia del
cristianesimo.
A ben pensarci soffia anche oggi. Non certo nei modi, ma nella sostanza.
Ad esempio, di fronte a questo sconcertante riproporsi del cristianesimo
come “religione civile” di una società strutturalmente violenta, la
gran parte dei cattolici che partecipa al movimento pacifista ha capito
e acquisito ormai lo spirito profondo della nonviolenza e quindi avverte
il bisogno di superare la dipendenza strutturale, chiave di ogni
violenza, e di tendere all'autonomia e alla responsabilità della
coscienza (”come se Dio non ci fosse”) alimentata dalla rete delle
relazioni, chiave della nonviolenza. E, come i donatisti, non si
fermeranno all'autonomia nel campo politico, etico e sociale. Vogliono
una Chiesa “altra”. La trasformazione profonda in senso nonviolento
di tutte le strutture religiose, nessuna esclusa, simbologie, dogmi,
ordinamenti, strutture di potere, è il traguardo che sta loro davanti.
Le
comunità di base che da tempo hanno iniziato un tale percorso non sono
affatto isolate come si vorrebbe far credere. Ora che “un mondo nuovo
possibile” è tornato negli orizzonti e nei percorsi delle nuove
generazioni, i cattolici inseriti nel movimento della pace sentiranno e
già stanno avvertendo il bisogno di non far mancare il contributo della
ricerca di “mondi spirituali, religiosi ed ecclesiali nuovi”,
strutturalmente nonviolenti.
Di
esempi è piena la cronaca. Il problema è che si tratta della cronaca
minuta, quella che non ha titoloni e che sfugge all'opinione pubblica.
Una curiosità: avete notato che il card. Karl Lemann, presidente della
Conferenza episcopale tedesca, nella sua recente intervista a un
quotidiano italiano, in cui peraltro concede molto alle posizioni
ufficiali, non nomina mai le parole “cattolico - cattolicesimo”, ma
sempre solo “cristiano - cristianesimo”, a differenza dell'altro
cardinale un po' suo antagonista, tedesco anch'egli, Joseph Ratzingher,
per il quale sembra che il solo vero cristianesimo sia quello cattolico?
Sarà un caso? Non è certamente un caso invece che il Presidente della
CEI, Ruini, indirizzi tutti i suoi sforzi per rinsaldare gli steccati
dell'ovile. Segno che le palizzate vacillano. La ventata donatista,
direi meglio il vento dello Spirito del Vangelo, soffia ancora.