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Le
confessioni di un Gran Maestro
Tratto dal
libro: "FRATELLI D'ITALIA" di Ferruccio Pinotti
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La
morte di Calvi e il mistero degli elenchi P2
Essendo Di Bernardo un profondo conoscitore della
massoneria inglese, gli chiediamo conto della voce secondo cui sarebbe
stata la massoneria inglese - irritata dell'appoggio dato da Calvi
all'Argentina nella guerra delle Falkland e dai «buchi» lasciati
dall'Ambrosiano con alcune banche inglesi - a decretarne la morte.
«Io su questo punto non posso che
fare delle ipotesi. Posso soltanto ragionare per induzione. L’ipotesi
di una responsabilità della massoneria britannica per la morte di
Roberto Calvi è assurda. Solo chi non conosce la massoneria inglese può
sostenere una cosa del genere. La massoneria inglese non va a ripulire
le stalle degli altri. Non ne ha alcun motivo. E’ in Italia che,
secondo me, vanno cercati i mandanti dell'omicidio Calvi, e forse anche
gli esecutori materiali. Secondo me, nessuno al di fuori dell'Italia
poteva avere una ragione logica così forte da volere la morte di Calvi.»
Chiediamo all'ex Gran Maestro se privilegia la pista
dell'eliminazione mafiosa. Di Bernardo anche su questo punto è netto:
«Sì, ma solo a livello di esecutori, non a livello di mandanti».
Un'altra affermazione che apre la porta a molte domande.
Nel 1981 - un anno prima della morte - Roberto
Calvi è detenuto nella prigione di Lodi per reati valutari. Li
inizia a parlare delle sue amicizie con i socialisti, dei finanziamenti
erogati, dell'entourage affaristico che ruota attorno al partito. Le «amicizie
si trasformano in qualcos'altro», annota Di Bernardo. Ci si poteva
aspettare che parlasse, che raccontasse tutto?
«Certo. Infatti c'era da
aspettarsi che lo uccidessero già in carcere. Vi era chi temeva questa
eventualità»
Calvi aveva preparato dei piani di fuga all'estero appena uscito dal
carcere?
«Calvi è scappato con persone
che rappresentavano per lui un rischio. L’atto conclusivo di questa
tragedia è stato l’abbandono, diciamo cos’: il mandante ha deciso
l'assassinio quando ha visto che il Vaticano aveva completamente
abbandonato Calvi»
Il caso Calvi resta intimamente connesso a quello della P2,
anche a livello processuale. Come testimoniano gli atti della
maxi-requisitoria del processo per l'omicidio, il banchiere di Dio era
intimamente legato agli ambienti della P2, che intendeva ricattare
qualora non fosse emersa una soluzione ai gravi problemi del Banco
Ambrosiano, gravato dall'operazione Rizzoli-Corriere della Sera e dal
sostegno finanziario offerto a Solidarnosc per conto del Vaticano. Si
torna sempre, quindi,al mistero della P2 e del suo reale peso nelle
vicende italiane: il primo passo per chiarirlo è capire quale fosse la
vera lista degli iscritti.
Poniamo quindi a Di Bernardo un quesito fondamentale: gli
elenchi ritrovati dagli investigatori erano completi? Le liste trovate
dai finanzieri a Castiglion Fibocchi su incarico dei magistrati Gherardo
Colombo e Giuliano Turone comprendevano tutti i nomi degli affiliati alla
loggia coperta, o si trattava solo di elenchi parziali?
«Chi era il
presidente del Consiglio allora? Arnaldo
Forlani, giusto? Quegli elenchi gli furono consegnati e lui si
riservò di decidere cosa fare. Si prese del tempo per disinnescare la
mina. Se il Gran Maestro Battelli avesse letto l'elenco che poi è stato
reso pubblico e consegnato alla stampa, io so per certo che i suoi
capelli sarebbero rimasti al loro posto; non si sarebbe spettinato, come
avvenne invece quando lesse i veri elenchi, avuti dalle mani di Licio
Gelli»
Cosa successe, veramente, al momento del sequestro? Il
mistero, anche a distanza di molti anni, resta fitto.
«Il sequestro delle liste degli
iscritti alla P2 fu ordinato dai pubblici ministeri Gherardo Colombo e
Giuliano Turone. Ora, io sinceramente non posso credere che dopo il
sequestro materiale degli elenchi, Colombo e Turone non li abbiano
visionati nella loro forma integrale. Non vedo in Colombo uno che,
ottenuto l'elenco degli iscritti alla P2, senza nemmeno darci uno
sguardo dice ai carabinieri: Tortatelo al presidente del
Consiglio". Non quadra. E’ qui che c'è il mistero. C'è una zona
d'ombra.»
Il quesito sollevato dal professor Di Bernardo non è di
poco conto. E ha un suo rigore logico indiscutibile. Tra l'altro, molti
anni dopo è stato acclarato che dagli elenchi della P2 venne sottratta
una pagina che conteneva il nome del generale Carlo
Alberto Dalla Chiesa e di suo fratello. La rivelazione fatta da Francesco
Cossiga è stata smentita da Nando
Dalla Chiesa, anche se ne parla una lettera autografa di Gelli.
Quindi la fase relativa alla scoperta degli elenchi e alla loro «gestione»
resta tuttora poco chiara.
L’Opus
Dei
Di Bernardo, appena insediato, inizia una battaglia per la
laicità dello Stato, contro i poteri occulti che si avvalgono di alte
protezioni vaticane.
La sua analisi parte dall'attentato a Giovanni Paolo II del maggio 1981: un evento a ridosso dei rapporti
tra i banchieri piduisti, Sindona
e Calvi, e il Vaticano. Di
Bernardo è convinto che l'attentato al Pontefice sia da collocarsi
nell'ambito del vasto scontro di potere che si giocò in quella fase
storica.
«Il killer potrebbe essere stato
scelto all'interno del Vaticano. Questo Wojtyla lo sapeva. Dopo
l'attentato continuava ad aver paura: il Pontefice sapeva che, come ci
avevano provato una prima volta, potevano provarci una seconda.»
In quel momento
«Wojtyla era grato all'Opus Dei
perché l'Opus Dei aveva contribuito a farlo diventare Papa. Ma Giovanni
Paolo II sapeva anche che l'aiuto ricevuto al conclave non era
sufficiente a giustificare la concessione dello status di prelatura
personale all'Opus Dei?' Secondo me venne concesso perché Giovanni
Paolo II fu preso dalla paura per la propria vita. Il Papa era
attraversato da un'umanissima paura e vedeva nell'Opus Dei un gruppo che
gli poteva essere totalmente fedele in un momento molto difficile. Ma
proviamo a chiederci cosa succederebbe se uno dei prossimi papi volesse
togliere la prelatura personale all'Opus Dei. Si verificherebbe il più
grande scisma della Chiesa cattolica negli ultimi duemila anni. Vede,
questo accade perché l'Opus Dei ritiene di essere unico e vero
interprete autentico del messaggio di Cristo e vede 'l’altra
chiesa" - quella che non è simile a loro – come una
degenerazione.»
In molti si sono interrogati sulle analogie tra Opus Dei e
massoneria: la segretezza degli appartenenti, il ruolo attribuito al
potere e al denaro, il ritenersi un corpo d'élite all'interno della
società in cui- si opera. Giuliano Di Bernardo spiega: «La
massoneria ha alcune regole che sono più o meno simili a quelle
dell'Opus Dei, anche se quest'ultimo le ha sviluppate molto. Una di
queste regole è la «riservatezza». Sia nella massoneria che nell'Opus
Dei si opera una netta distinzione tra coloro che «stanno dentro"
e coloro che ‘stanno fuori’».
La minuziosità di certe procedure, la tendenza a «ritualizzare» molti
aspetti della vita collettiva accomunano massoneria e Opus Dei, secondo
Di Bernardo.
«La massoneria presenta aspetti
analoghi all'Opus Dei per quanto riguarda le regole interne
all'organizzazione. E’ chiaro che i massoni non si flagellano e non
indossano il cilicio. L’Opus Dei è una esasperazione delle regole di
comportamento e di riservatezza interna tipiche della massoneria»
Tuttavia Di Bernardo tiene a fare una distinzione
importante: «Se i contorni dell'Opus Dei sono chiari e netti, non si può
dire lo stesso della massoneria. La libera muratoria è un fenomeno più
complesso, articolato, ma anche sfrangiato, non privo di incoerenze e
limiti metodologici».
L’ex Gran Maestro ha criticato con forza l'Opus Dei in più occasioni.
In una intervista del 23 marzo 1991, rilasciata dopo un attacco di
Wojtyla ai «poteri occulti», chiaramente riferito alla massoneria,
affermò: «Se si parla di potere
occulto, volendo fare riferimento alla massoneria, bisognerebbe
considerare anche l'Opus Dei, che svolge una attività particolarmente
occulta».
Anche in un'intervista a Giovanni Bianconi del «Corriere della Sera», l'allora Gran Maestro
espresse critiche sull'organizzazione fondata da Escrivá. Scrive
Bianconi: «Il primo colpo Di
Bernardo lo spara contro l'Opus Dei, un'organizzazione alla quale
proprio il Papa ha riconosciuto in passato lo status di prelatura
personale: Torse che quello non è un potere occulto? La massoneria
cerca sempre di far conoscere le proprie finalità, si muove sempre
sulla strada della trasparenza. Non mi risulta che l'Opus Dei abbia
fatto qualcosa di simile. Eppure esiste e si muove ai limiti della
riservatezza. Dobbiamo pensare che in Italia esistano due pesi e due
misure? "».
Di Bernardo allarga la sua riflessione al rapporto tra Chiesa e
massoneria.
«Storicamente sono sempre
esistite delle logge massoniche all'interno della Chiesa cattolica.
Ma il tentativo di ricomporre lo scisma fallì.
«Nel 1738 il Papa emise la bolla
di scomunica per i cattolici che si fossero iscritti alla massoneria.
Questo avvenne solo quando
Molti attacchi alla libera muratoria, secondo Di Bernardo,
sono strumentali a lotte interne alla Chiesa.
«L’appartenenza
alla libera muratoria di cardinali e alti prelati è stata spesso usata
come strumento di attacco, ricatto e intimidazione all'interno della
Curia romana. E questo ha falsato molto la realtà dei rapporti che io
suppongo siano sempre esistiti tra i vertici laico-massonici e quelli
curiali.»
Tratto dal
libro: "FRATELLI D'ITALIA" di Ferruccio Pinotti
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