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Il
culto di Dioniso e Mithra
Da "La messa nera" di
H.T.F. Rhodes - Sugar editore
Il culto di Dioniso
Gli ornamenti tradizionali della figura mefistofelica, le corna, gli zoccoli
e la coda, sopravvivono ancora oggi, perché Satana del Medio Evo era
generalmente rappresentato sotto forma di capro. Si riteneva che potesse
assumere qualsiasi aspetto, ma questo era il più comune.
Questo capro è Dioniso, zotico villano venuto dalla Tracia, e salito nelle più
alte sfere dell'Olimpo. Simbolicamente, è l'albero senza rami (phallus), è il
protettore della fertilità, dei frutti e particolarmente del vino.
La Grecia civilizzò questo rozzo e
selvaggio Tracio. Secondo alcune leggende era nato dall'unione di Persefone e di
Giove, che aveva fecondato quest'ultima, assumendo le sembianze di un serpente.
Quando nacque, era già un bel fanciullo con delle piccole corna sulla fronte;
e, subito appena nato, saltò sul trono del padre, mettendosi a giocare
allegramente con il fulmine divino. Dioniso venne ucciso, ma soltanto in seguito
questo delitto assunse l'apparenza di un sacrificio destinato a procurargli un
più brillante destino.
La cosa è stata riportata in vari modi: il più pittoresco attribuisce il
delitto alla feroce gelosia di Giunone, che non poteva sopportare di vedere il
giovane fanciullo dalle corna innalzato così presto agli onori divini.
L'attenzione del bambino fu distratta mediante dei sonagli ed uno specchio,
cosicché fu facile spingerlo nell'agguato tesogli dai Titani. Dopo averlo fatto
a pezzi con dei coltelli, i Titani fecero bollire il suo corpo e lo divorarono.
E' interessante, e molto significativo, notare che da questo sanguinoso dramma
nacque un culto precristiano del Sacro Cuore. Giove, furibondo per l'assassinio
del figlio prediletto, condannò i Titani ad una lunga agonia, prima di
ucciderli, e fabbricò poi una statua in cui pose il cuore di Dioniso. E ciò
divenne il simbolo della resurrezione, perché, non appena Giove l'ebbe
terminata, il fanciullo rinacque.
Un'altra delle numerose versioni della leggenda vuole che Semele concepisse e
partorisse una seconda volta il figlio, dopo aver bevuto un intruglio, dei cui
ingredienti faceva parte anche il cuore del bambino ridotto in polvere.
A Creta il Sacro Cuore veniva adorato in una speciale processione, durante la
quale si trasportava il cuore in una cassetta al suono dei flauti, che
rappresentavano simbolicamente proprio quegli strumenti di cui si era servita la
vendicativa Giunone, per attirare nel tranello il giovane dio.
Ma, nonostante tutto questo, Dioniso non perse mai il suo doppio aspetto di
potenza oscura e selvaggia. Ad Atene, sede principale del suo culto, questa
divinità, che era sempre stata raffigurata come una rozza creatura dalle forme
di satiro, si umanizzò e perse tutti i suoi ornamenti bestiali, ma si continuò
a chiamarlo "colui che ha la pelle nera come un capro". E' a questo
punto che noi ci troviamo davanti ad uno di quei piccolissimi indizi che possono
fare un po' di chiaro sul nostro elusivo soggetto. Dioniso, in entrambi i suoi
aspetti, era la divinità che presiedeva i misteri orfici.
I precetti che questi misteri ponevano a base della loro condotta di vita erano
abbastanza vicini a quelli del Cristianesimo, con la importantissima eccezione
che l'iniziazione a questo culto comportava l'orgia infernale del capro così
come l'ispirazione divina. Detto in altre parole, l'iniziato passava
dall'oscurità alla luce e, attraverso l'orgia, alla rivelazione divina.
La Chiesa Cristiana ha considerato tutto ciò come "diabolico", tanto
più per i numerosi punti di contatto esistenti tra le due religioni.
Il culto di Mithra
La più subdola, anche se lontana di tutte le influenze che si esercitarono
sull'Occidente cristiano, era originaria della Persia, ed assunse svariate forme
via via che si espandeva verso l'ovest. Ma il concetto originale rimase
invariato: si trattava di una dualismo spietato e intransigente.
Fin dai primordi del mondo esistevano due principi: la luce e le tenebre,
completamente opposti tra loro e in perpetuo conflitto. Questo irriducibile
dualismo si modificò nel corso dei secoli, perché si giunse alla convinzione
che il principio della luce (Ormudz) avrebbe, o avrebbe potuto, dominare quello
delle tenebre (Ahriman). Gli uomini primitivi, così come i moderni, si
rifiutavano senza dubbio di concepire l'idea di un universo in cui non vi
sarebbe stato mai nulla di risolto.
Questa lotta nei cieli tra forze impersonali avrebbe dato luogo ad una religione
perfettamente organica, che si sarebbe rivelata come una delle più pericolose
rivali della Cristianità. Potrebbe sembrare che non ci sia alcun punto di
contatto tra questi concetti intellettuali e la persona di Mithra, il divino
cacciatore che uccide il toro per assicurare la salvezza all'umanità, ma una
connessione esiste. Sotto il risonante titolo di "Deus Sol Invictus Mithras",
questo cacciatore fu adorato in tutta Europa e anche in Inghilterra. Egli
rappresenta il più grande tentativo mai compiuto dalla teologia pagana per
avvicinarsi alla concezione di un dio unico. In Gran Bretagna, conosciuta come
"Isola del Toro", sorsero una serie di templi in onore di Mithra in
una zona che andava da Londra a York, nel periodo tra la partenza delle Legioni
e i primi del V secolo.
Mithra era la personificazione di Ormudz, principio della luce, e aveva la
missione di distruggere le armate delle tenebre. Sebbene non ci sia rimasta
alcuna descrizione di Mithra, possiamo avere un'idea della sua figura dalle
rappresentazioni artistiche. Generalmente è raffigurato dritto in piedi su un
toro o a cavallo di esso. Il dio indossa una tunica, un mantello e il famoso
berretto frigio; armato di una corta spada, è frequentemente rappresentato
nell'atto del sacrificio.
Secondo la tradizione leggendaria, Mithra insegue il toro, spingendolo in una
caverna da cui non potrà scappare. Qui, eseguendo gli ordini del sole (Ormudz),
non senza paura, uccide il toro con una spada o un coltello. Dal cadavere
miracolosamente germogliano tutte le piante e tutti i frutti della terra; e
grano dal midollo spinale, vino dal sangue e, dalla semenza, tutti gli animali.
Questa è solo una elaborazione, anche se intricata, del concetto primitivo
dell'eterno conflitto tra "bianco" e "nero". Temendo la
sconfitta, le potenze delle tenebre creano il mondo visibile come un'arma con
cui difendersi dalle crescenti forze della luce. Il mondo visibile è il Toro,
il Vecchio Adamo. Con la sua morte, ogni cosa fatta di materia rinasce dalle
tenebre nuovamente alla luce.
Il dualismo sopravvive chiaramente, in questa mitologia così elaborata e
abbastanza confusa. E con il suo particolare accento sul sacrificio e la
conseguente resurrezione, il culto di Mithra si avvicina in certo qual modo alla
dottrina cristiana.