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1982:
campionati del mondo in terra di Spagna
Ospitare un campionato del mondo è cosa molto ambita perché inevitabilmente destinata a rimpinguare economicamente le casse della nazione organizzatrice: diritti televisivi, sponsor miliardari, incassi ai botteghini, indotto turistico connesso all’evento.
Ma
per far sì che tutto fili liscio è imprescindibile che si verifichi
una cosa: la nazionale padrona di casa deve disputare tutte le partite
fino alle semifinali. Questo, logicamente, per fare in modo che
l’attenzione degli autoctoni rimanga desta per tutta la durata del
torneo, poiché, per forza di cose, l’indotto maggiore concernente il
pubblico pagante negli stadi, proverrà dai portafogli degli indigeni.
Questa è una regola non scritta dei campionati del mondo (testimoniati
dagli ultimi, risibili, campionati mondiali coreani) che ha avuto
pochissime eccezioni. Una di queste è appunto il Mundial spagnolo.
Eppure non si può certo dire che le cose non fossero state preparate ad
hoc per indirizzare la nazionale spagnola ad un lungo cammino, come
testimoniato dai giornali dell’epoca: “Esecrazione, totale
esecrazione. Niente meglio dei volti arresi, dei volti impotenti dei
giocatori jugoslavi dopo il rigore inesistente concesso alla Spagna ieri
sera […] cominciamo dal risaputo, che non è naturalmente lecito solo
perché è banale ma che comunque non scandalizza più di tanto. Si sa
che la squadra di casa è favorita dal fattore campo, che include anche
gli arbitraggi […] questa volta tocca alla Spagna mentre gli interessi
che vogliono un corso regolare delle attese sono cresciuti […] persino
il rigore che l’arbitro argentino Iturralde regalò ai locali per
farli pareggiare con l’Honduras, ma ieri si è esagerato. La
pervicacia con cui il danese Lound Sourensen che aveva, manco a dirlo, come guardalinee il solito
Iturralde ha fatto ripetere il rigore agli spagnoli”[1].
L’operato
dei direttori di gara è condannato da tutta la stampa mondiale. Ma,
finché la Spagna è in gioco, gli addetti ai lavori vedono nel consueto
aiuto dato alla nazione ospitante il motivo precipuo di direzioni di
gara scorrette. Eppure, con somma sorpresa di tutti, la nazione padrona
di casa viene buttata fuori all’improvviso: “Non ricordo da molte
edizioni dei mondiali un’uscita di scena così rapida degli indigeni
per i quali – era stato preparato tutto”[2].
Non possiamo fare a meno di menzionare un elemento importante:
l’arbitro che butta fuori la Spagna è l’italiano Casarin,
personalmente scelto dal presidente della commissione designatrice
arbitrale Artemio Franchi. La gara che segna la dipartita della
nazionale padrona di casa, ci offre spunto di riflessione poiché i
giocatori iberici “crolleranno” parecchie volte in area cercando un
rigore che non arriverà mai. Interrogato in proposito, il direttore di
gara dichiarerà: “Rigori? Io non ne ho visti assolutamente. Quando la
squadra iberica si è trovata sotto di un gol ho avuto la netta
sensazione che gli spagnoli cercassero appositamente il fallo in area”[3].
Gli
spagnoli quindi cercano appositamente il fallo in area nella speranza di
un penalty che non arriva. Forse qualcuno non aveva avvertito pro
tempore, che i favoritismi erano improvvisamente finiti? E perché erano
finiti? Questa domanda sembra fare il paio con una possibile risposta
non priva di punti di contatto con gli accadimenti menzionati. Il 28
novembre del 1982, la Prelatura della santa croce, meglio conosciuta
come Opus Dei, ottiene la tanto agognata prelatura personale per il
fondatore dell’opera: Josemaria Escrivà de Balaguer[4].
L’opera è indubbiamente
una delle più potenti associazioni a livello mondiale che gestisce, e
quindi influenza, 179 università, 630 fra quotidiani e riviste, 52
catene televisive. Un potere condizionante enorme che interessa quasi
sessanta paesi nel mondo[5].
I massoni che “pilotano” i campionati di calcio? Cosa provabilissima
se pensiamo che l’arbitro che butta fuori la Spagna è amico del
designatore arbitrale, italiano anch’egli, che oltretutto risulta
essere massone: Artemio Franchi.