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Quantità,
qualità, moralità
Tratto da «Ritorno al Nuovo
Mondo» di Aldous Huxley, 1961 Mondadori
Traduzione di Luciano Bianciardi
Nel mondo nuovo
della mia favola si praticavano normalmente l’eugenetica e il suo
contrario, la disgenia. In una serie di bottiglie, ovuli biologicamente
superiori, fertilizzati da spermatozoi biologicamente superiori,
ricevevano le migliori cure prenatali, e finalmente si decantavano nelle
categorie Alfa, Beta, e persino Alfa Più. In un’altra serie di
bottiglie, assai più numerosa, ovuli biologicamente inferiori,
fertilizzati da spermatozoi inferiori, subivano il Processo Bokanovsky e
il trattamento prenatale con l’alcool e con altri veleni proteinici.
Se ne decantavano creature quasi subumane, ma pur sempre capaci di
lavoro non specializzato; anzi, opportunamente condizionate, e
detensionate dal libero e frequente accesso al sesso opposto,
sistematicamente distratte dai divertimenti gratuiti, reindotte ai
moduli della buona condotta mediante dosi quotidiane di soma,
davano la garanzia di non infastidire mai i loro superiori.
Nella seconda metà del ventesimo secolo noi non organizziamo
sistematicamente la riproduzione; e il nostro sregolato capriccio non
solo tende a sovrappopolare il pianeta, ma anche, sicuramente, a darci
una maggioranza di umani di qualità biologicamente inferiore. Ai brutti
tempi andati di rado sopravviveva un bambino che avesse qualche
spiccato, o anche lieve, difetto ereditario. Oggi invece, grazie
all’igiene, alla farmacologia moderna e alla coscienza sociale, quasi
tutti i bambini venuti al mondo con difetti ereditari giungono a maturità,
e si moltiplicano. Date le condizioni oggi dominanti, ogni progresso
della medicina sarà frustrato da un corrispondente aumento del tasso di
sopravvivenza degli individui che dalla nascita portano con sé una
qualche insufficienza genetica. Nonostante i nuovi farmaci meravigliosi,
nonostante le cure migliori (anzi, in certi casi, proprio per via di
queste cose), la salute fisica della popolazione media non migliorerà,
anzi andrà peggiorando. Alcuni autorevoli studiosi affermano che il
declino è già cominciato, e continua. «In condizioni a un tempo
facili e sregolate» scrive il dottor W.H. Sheldon, «al nostro ceppo
migliore tende a soppiantarsi un altro ceppo, inferiore sotto ogni
aspetto… C’è la moda, in certi ambienti accademici, di assicurare
gli studenti che sono infondati gli allarmi relativi al differenziarsi
del tasso di natalità; che tali problemi sono soltanto economici, o
soltanto educativi, o soltanto religiosi, o soltanto culturali, e così
via. E’ un ottimismo da struzzi. La delinquenza riproduttiva è un
fatto biologico, basilare» E prosegue: «Nessuno sa in che misura è
diminuito il quoziente d’intelligenza medio nel nostro paese [gli
Stati Uniti] dal 1916, da quando cioè Terman cercò di standardizzare
il significato».
In un paese sovrappopolato e sottosviluppato, dove quattro quinti della
popolazione hanno meno di duemila calorie al giorno, e solo l’altro
quinto si nutre a sufficienza, possono nascere spontaneamente istituti
democratici? E possono sopravvivere, una volta imposti dall’estero o
dall’alto?
E consideriamo adesso il caso della società ricca, industrializzata,
democratica, nella quale, praticandosi – caso, ma non meno
efficacemente - la disgenetica, decrescono vigore fisico e quoziente
d’intelligenza. Una società siffatta, fino a quando potrà conservare
le sue tradizioni di libertà individuale e di governo democratico? Fra
cinquanta o cent’anni i nostri bambini daran la risposta a questa
domanda.
Intanto noi ci troviamo di fronte un fastidiosissimo problema morale.
Noi sappiamo che la bontà dei fini non giustifica l’uso di mezzi
cattivi. Ma che dire delle situazioni – così frequenti oggi – in
cui mezzi buoni dan risultati finali che si rivelano cattivi?
Per esempio: noi andiamo in un isola tropicale, con l’aiuto del DDT
sterminiamo la malaria e, nello spazio di due o tre anni, salviamo
centinaia di migliaia di vite. E’ ovviamente un bene. Ma le centinaia
di migliaia di esseri umani così salvati, e i milioni che da loro
vengono al mondo, noi non possiamo vestirli, alloggiarli, istruirli,
nemmeno nutrirli a sufficienza, con le risorse disponibili nell’isola.
Non c’è più la morte rapida della malaria; ma la fame rende la vita
insopportabile, il sovraffollamento diviene la regola, la morte lenta
per inedia minaccia tante vite di più.
E che dire degli organismi insufficienti per condizionare congenie, che
la medicina e i servizi sociali oggi salvano e lasciano proliferare?
Aiutare gli infelici è bene, indubbiamente. Ma non meno indubbiamente
è male trasmettere interi ai nostri posteri i risultati di mutazioni
negative; come è un male la progressiva contaminazione del fondo
genetico a cui dovranno attingere i membri della nostra specie. Siamo
presi fra le corna di un dilemma morale: per trovare la soluzione
occorrerà tutta la nostra intelligenza tutta la nostra buona volontà.
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Aldous Huxley (1894-1963)
Futorologo britannico, professore al M.I.T. (Massachussetts Institute of Tecnology) di
Boston.
Nipote di Thomas Huxley (uno dei fondatori della "Round
Table" britannica), fratello di Sir Julian Sorell Huxley (primo
direttore dell'UNESCO, e presidente per diversi anni della "Eugenetics
Society").
Aldous fu membro della Fabian Society e della Golden Dawn, sperimentò
in prima persona l'uso di droghe allucinogene e descrisse le sue
"visioni" in due opere apologetiche: "Le porte della
percezione" (1954) e "Paradiso e inferno" (1956). Opera
più famosa: "Il Mondo Nuovo" (1932)