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Psicopenitenziario
Salvatore Brizzi – tratto da La Rinascita Italica
http://larinascitaitalica.com/psicopenitenziario/
Molti dei miei lettori sanno quanto mi è caro il tema dello psicopenitenziario e del Lavoro di autosservazione che è necessario mettere in atto per sottrarsi alle influenze che questo fenomeno comporta. Come viene mostrato nel film Essi vivono (They live, 1988) di John Carpenter, tutti quanti gli esseri umani sono soggetti a una psicodetenzione di cui, ovviamente, non sono consapevoli. Alcuni apparati sovranazionali, sovrareligiosi e sovrapartitici letteralmente si nutrono dell’energia di miliardi d’individui, tenendoli in uno stato di sudditanza tramite il sapiente utilizzo di “forme pensiero”.
La nostra è una prigione senza sbarre. Nasciamo all’interno di un sistema di pensiero standardizzato che ci rende automaticamente superficiali, pigri, disfattisti, litigiosi e invidiosi di chi ottiene successo. Per “sistema di pensiero” non intendo idee politiche o religiose, bensì qualcosa che si colloca su un piano ancora più fondamentale: riguarda il nostro stesso modo di percepire la realtà e saper distinguere cosa è importante e cosa no. Siamo superficiali e pigri perché non indaghiamo nulla di ciò che ci viene propinato dai tg, non c’informiamo, non leggiamo (un italiano su due non legge nemmeno un libro all’anno, statistiche del 2012; e nel resto dei Paesi occidentali la situazione, seppure migliore, è comunque simile). Eppure ognuno di noi, al bar, crede di essere in grado di esprimere liberamente la sua idea politica. Ognuno di noi, persino sotto tortura, sarebbe pronto a dichiarare di essere libero di scegliere se votare a “sinistra” piuttosto che a “destra”.
L’arma più potente in mano al Sistema è la capacità di dirottare l’attenzione delle masse – e quindi anche dei giornalisti e dei professionisti della politica, che dalla coscienza di massa non si distaccano minimamente – verso temi di facciata, che sovrastimolano le emozioni, ma che non hanno alcuna rilevanza per quanto concerne la capacità di modificare il Sistema stesso. L’attenzione delle persone viene deviata grazie all’allestimento di un teatrino perenne dove in faccia ai cittadini vengono buttati temi come la pensione dei parlamentari, la costruzione del ponte sullo stretto, la TAV, l’IMU, la corruzione dei partiti, l’evasione fiscale del barista che non rilascia lo scontrino, il finto cieco che ritira la pensione d’invalidità… e così via.
La scuola non è un luogo dove puoi fare vere domande e ottenere vere risposte, bensì il posto dove viene periodicamente verificato se sei in grado di ripetere fedelmente ciò che ti hanno insegnato. Questo fa sì che il tuo modo di ragionare si adegui presto a quella che altrimenti si rivelerebbe come l’insopportabile deformità del pensiero di massa, evitando così che tu possa costituire in futuro una falla del Sistema, un punto interrogativo vivente.
Inebetiti fin da tenere età da un’enorme quantità d’informazioni, perdiamo la capacità di discernere, di pensare con profondità. Occuparsi dell’IMU e dei finanziamenti ai partiti quando l’origine della crisi risiede nel meccanismo stesso con cui si crea il denaro (il problema della sovranità monetaria), significa spendere soldi per ritinteggiare la facciata quando il palazzo sta per crollare.
L’euro ha
centrato il suo obiettivo: ovvero quello di distruggere le
nazioni europee in soli 10 anni!
“L’idea che l’euro sia un fallimento è stupidamente errata,
l’euro sta provocando ciò per cui è stato progettato dal suo
ideatore e da quel 1% di oligarchi che l’hanno imposto”.
Così ha scritto il giornalista americano Greg Palast sul
Guardian del 26 giugno 2012, ricordando che “l’ideatore”, Robert
Mundell, ha sempre visto la sua creatura (l’euro) come l’arma
dell’oligarchia planetaria che avrebbe spazzato via norme e
regolamenti sul lavoro.
Palast
parla in questi termini del pensiero di Mundell:
“L’Euro inizia davvero a svolgere il suo compito in tempi di
crisi, infatti la moneta unica e soprannazionale toglie ai
governi eletti la possibilità di usare politiche creditizie e
fiscali capaci di farci uscire dalla crisi, in quanto pone le
politiche monetarie al di fuori dalla portata dei politici
nazionali (eletti) e, senza queste prerogative, l’unico modo che
hanno i governi per cercare di mantenere i posti di lavoro è
quello di ridurre regole e diritti verso imprese e lavoratori,
tutto nel nome della concorrenza”.
“Quando la
crisi morde allora alle nazioni resta ben poco da fare se non
liberalizzare, privatizzare, deregolamentare e soprattutto
distruggere il welfare garantito dallo Stato”.
In altre parole, da una parte i beni e le aziende dello Stato
vengono svenduti ai privati, dall’altra non ci sono più soldi
per i servizi ai cittadini: gli ospedali funzionano sempre
peggio, le strade delle città si riempiono di buche che non
vengono aggiustate, i vigili devono fare sempre più multe, gli
autobus sono sempre più fatiscenti e sempre meno come numero, e
così via… tutto giustificato dal fatto che “non ci sono più
soldi”.
Voglio chiudere con le bellissime parole di Debora Billi, che su blogosfere scrive:
“Nell’immaginario, il dittatore ha una faccia cattiva, impone le sue idee al popolo con gli eserciti e sbatte i dissidenti in gabbia o alle torture. Ora sembra che non ce ne sia più alcun bisogno: il dittatore non ha un nome e cognome, anzi si nasconde in una massa amorfa di oscuri burocrati. L’esercito di cui si serve? Stampa, media e politici compiacenti o corrotti. L’arma principale? La shock economy, eventi che terrorizzano i cittadini e li rendono consenzienti a qualsiasi nefasto provvedimento passi per indispensabile. I dissidenti? Nessun problema: li si lascia a sbraitare nel recinto di Internet, che danno vuoi che facciano? Una dittatura il cui scopo è l’impoverimento generalizzato e il controllo da esso derivante, non ha bisogno di sparare un colpo: stiamo consegnando tutto senza fiatare”.
“L’Europa è una dittatura, bisogna uscirne il prima possibile. Senza chiedersi cosa sarà della bolletta della luce o della rata del mutuo, perché non ci lasceranno né luce né casa. Siamo in mano a dei pazzi furiosi e l’unica è svignarsela, le difficoltà successive le affronteremo poi, ci penseremo dopo… Come scrive Bagnai nel suo libro Il tramonto dell’Euro, “quando i partigiani andarono in montagna non si preoccuparono dell’inflazione, della perdita di potere d’acquisto o del mutuo in euro. Quando c’è da combattere si combatte, costi quel che costi.”
Salvatore
Brizzi
DESIDERANTES MELIOREM PATRIAM