|
Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
TRAME
MASSONICHE E AIUTI UMANITARI
Il
Ritorno di Gelli
inchiesta
di Rita Pennarola
su
Licio
Gelli, l’Onu, il Parlamento Mondiale di Palermo, la polizia parallela
di Riccardo Sindoca e l’ambasciata mondiale macedone per i bambini:
tutti insieme, con un manipolo di esponenti partenopei. E tutti in
business. Quella che vi raccontiamo è la storia di un mix esplosivo,
che porta alla luce la trama di nuovi intrecci paralleli per il
controllo dell’ordine mondiale e per la gestione delle risorse, anche
e soprattutto quelle “umanitarie”.
Partiamo
dalle celebrazioni svoltesi lo scorso 12 novembre in quel di Pomigliano
d’Arco, popoloso comune vesuviano, per le rituali assegnazioni di
premi ai “poeti dell’anno”. La rassegna, che da oltre un decennio
viene organizzata «dalla vulcanica Tina Piccolo, poetessa di fama
internazionale (come lei stessa ama definirsi nel dettare le sue note
biografiche, ndr)», si era già “distinta” nel 1996 per aver
premiato un poeta illustre come il venerabile Licio Gelli. Nel 2005 la
manifestazione - che si fregia «dell’alto patronato della Presidenza
della Repubblica» e sarebbe realizzata «in collaborazione con il
Comune di Pomigliano d’Arco e con
Maria
Rosa o Maria Grazia?
Sono
tanti e sorprendenti. Nel 1991 la signora o signorina fonda ad Arezzo la
srl Vali, 20 mila euro in dote oggi, dedita ad operazioni immobiliari,
finanziarie e di leasing in genere, di cui Maria Rosa è attualmente
amministratore unico. I soci della Vali srl sono solo tre: accanto alla
“poetessa” siedono infatti i due figli maschi del venerabile. Si
tratta di Raffaello Gelli, 58 anni, e di Maurizio Gelli, classe 1959,
che possiede la maggioranza delle quote. Una sinergia perfetta ed
un’intesa incomparabile, dunque, fra i tre Gelli. Va ricordato che il
gran maestro, di figli, ne aveva tre: oltre a Raffaello e Maurizio,
anche la bella Maria Grazia, protagonista del rocambolesco sequestro
avvenuto all’aeroporto di Fiumicino nel luglio 1982, quando la polizia
trovò nel doppio fondo della sua valigia, per la prima volta, il Piano
di rinascita nazionale elaborato da suo padre nel 1976. Che ne era
stato, in seguito, di Maria Grazia?
A
febbraio 2004 il superpentito di mafia Angelo Siino racconta fra
l’altro al sostituto procuratore della capitale Luca Tescaroli di aver
utilizzato per un certo periodo
E
le analogie non sono finite. Come Licio, anche Maria Rosa pubblica
regolarmente articoli e poesie sul periodico locale di area massonica Il
Piave. Spesso le collaborazioni si ritrovano vicine, una accanto
all’altra. E il legame societario sembra ora chiudere il cerchio. Chi
è davvero Maria Rosa Gelli? Intanto, seguendo le sue tracce – e,
soprattutto, quelle di Raffaello Gelli – ci ritroviamo ancora una
volta nello “Stato Parallelo” (vedi
UN
GELLI ALL’ONU
Torniamo a Raffaello Gelli e al suo ruolo alle Nazioni Unite. Era
stato lui stesso a parlarne, dopo il clamore suscitato all’epoca dalle
prime notizie di stampa, nel corso di un’intervista rilasciata al
quotidiano
Ad
aprile di due anni fa il pm barese Lorenzo Lorario lo iscrive nel
registro degli indagati per contrabbando internazionale di sigarette con
il Montenegro. Un’accusa che si perde poi nel porto delle nebbie. Più
recentemente il nome di Raffaello Gelli rimbalza tra le pagine del libro
di Charles Duchaine, ex giudice istruttore nel Principato di Monaco (poi
dislocato in alta Corsica, a Bastia, perché accusato di “lesa maestà”).
Nel corso di un’inchiesta sul “blanchiment” dei capitali, Duchaine
si era imbattuto in una nota riservata della Procura di Asti nella quale
si spiegava che Daniel Ducruet – all’epoca marito della principessa
Stephanie di Monaco – aveva creato un consorzio denominato Segetra,
nel quale era presente anche Raffaello Gelli. L’inchiesta adombrava
l’ipotesi che il consorzio fosse dedito al riciclaggio di capitali
della mafia russa.
Ma
le sorprese sono appena cominciate. Perché nella Commission of Human
Rights - Sub-Commission on Promotion and Protection of Minorities,
attiva presso le Nazioni Unite nel 1999, insieme a Raffaello e Marta
Gelli sedevano altri due personaggi che ci portano dritto dritto in
Macedonia, dentro le fila di una strana sigla umanitaria transnazionale,
a sua volta collegata col Parlamento Mondiale di Palermo. Si tratta di
«Mr. Dragi Imijanack» e «Ms. Loretta Bianchi».
Cosa
è cambiato da qualche settimana a questa parte? Almeno in apparenza,
tutto. A pochi giorni dall’uscita in edicola della Voce di ottobre (e
dalla pubblicazione sul sito dell’inchiesta sullo “Stato
Parallelo”, contenente molti fra i nomi dei destinatari di cariche e
passaporti, così come apparivano fino ad allora nei documenti ufficiali
dell’Embassy di Skopje),
UN
DILETTO AMBASCIATORE
Al Centro Direzionale, Isola G1, Diletto gestisce un ente formativo
fra quelli che aspirano ad incarichi dalla Regione per i lucrosi corsi
di formazione periodicamente appaltati con fondi europei. Risulta
infatti rappresentante italiano dell’UEEF, Unione enti europei di
formazione, benché sulle pagine bianche preferisca definirsi
“consulente del lavoro”. Nell’estate 2003 l’ambasciatore Diletto
rilascia un’intervista ad un periodico partenopeo. Apprendiamo così
che quella di Napoli «è l’unica sede ufficiale dell’Ambasciata
diplomaticamente riconosciuta in Italia dalla Repubblica di Macedonia»,
anche se sul territorio nazionale esistono numerosi consolati. Inoltre
l’ “ambasciata” capitanata da Diletto «collabora con istituzioni
locali come
Altro
collaboratore di sua eccellenza Diletto è poi tale «Avv. Salvatore
Mariani», nominato sul campo «consigliere diplomatico alle pubbliche
relazioni e addetto stampa». Delle gesta di Mariani si compiace
Di maggiore rilevanza la figura del «consigliere diplomatico
economico-giuridico», carica attribuita da Diletto a Giovanni Pascone.
Ex magistrato del Tar Lazio, a lungo rappresentante in giudizio della
Siae, la società degli autori ed editori, Pascone fa parte del cda
della Bagnoli Futura. Ma alla tormentata compagine partenopea non potrà
dedicare molto tempo: Pascone è attualmente in forze a Palazzo Chigi
come consigliere giuridico di Silvio Berlusconi.
STAMPA
“DEL CUORE”
Sempre pronta ad intervistare in ginocchio gli artefici di
iniziative “umanitarie”, senza farsi troppe domande sulla loro reale
matrice, la stampa campana ha portato negli ultimi tempi più volte alla
ribalta sia Antonio Diletto che alcuni fra i suoi sodali, tutti intenti
a raccogliere fondi per sanare le piaghe del mondo. Ancora il 15 luglio
di quest’anno Daniela De Crescenzo ricordava sul Mattino la generosità
di «Antonio Diletto, responsabile della prima ambasciata dei bambini
nel mondo Medjashi, una ong riconosciuta dall’Onu», corso in aiuto di
un piccolo cardiopatico maranese con la sua organizzazione macedone. Non
meno “pompate” le gesta di Agostino Conte, sedicente scrittore
partenopeo ed organizzatore, sempre per l’ambasciata macedone, di
“partite del cuore” a base di neomelodici. «Manifestazioni –
aggiunge un addetto ai lavori – in cui, per promuovere la cospicua
raccolta di fondi, Conte é riuscito a coinvolgere perfino una star come
Simona Ventura». Il 26 maggio di quest’anno è ancora una volta il
quotidiano diretto da Mario Orfeo a tramandare le magnifiche sorti del
sodalizio macedone Antonio Diletto-Agostino Conte. La coppia era al
tavolo degli ospiti d’onore per la notte del beach golf celebrata
l’estate scorsa all’Arenile di Bagnoli «Tra i tavoli – scrive
Marco Lobasso – tanta bella gente. Furoreggiava l'artista Franco
Esposito, che nella vita fa il sosia di Marco Columbro. Ha firmato
decine di autografi e si è divertito a scherzare con i campioni del
golf. Con lui, al tavolo, l'ambasciatore della Prima Ambasciata Bambini
nel Mondo delle Nazioni Unite, Antonio Diletto, appassionato di golf, e
Mario Cirino Pomicino». Non è finita: «Gli organizzatori del
Campionato italiano dell'Arenile hanno ricevuto in dono dal manager
Agostino Conte, la maglia della nazionale di calcio ”Star del
Cuore”, quella con il numero 10 della capitana Simona Ventura». A
luglio, in occasione di una partita della Nazionale del Cuore a Sarno,
è sempre il Mattino, con un articolo di Antonio Orza, a sottolineare le
benemerite intraprese di «Children for peace e
A
Napoli Children for Peace, la creatura “umanitaria” di Agostino
Conte, ha sede in via Filippo Cavolino, presso lo studio del fiscalista
Pasquale Toscano. Il “poeta” Conte, intanto, dedica un sito (childrenforpeace.it)
a propagandare le sorti del suo omonimo libro che – spiega sul sito
– è stato pubblicato da Mondadori. Peccato che alla blasonata casa
editrice berlusconiana nessuno ne sappia nulla. Poco importa: grazie
alla sua “favola umanitaria” Conte – stando ai suoi racconti –
sarebbe stato ricevuto addirittura da Giovanni Paolo II. Merito,
probabilmente, di quelle partitelle “del cuore” in cui, oltre ad uno
stuolo di neomelodici, scende in campo anche la corpulenta “Lady
Chioccia” (vedi foto), definita “responsabile casting”. Non ci
scherza, quanto a mole corporea, neppure un altro esponente diplomatico
Mejashi “epurato” dopo l’uscita del nostro articolo. Si tratta del
«Sen. Ciro di Costanzo, General Consul in Italy», come pomposamente
veniva definito nei vecchi elenchi. Il barbuto Ciro è titolare di una
palestra per arti marziali in quel di Volla, oscuro comune alle porte di
Napoli. E chiudiamo il cerchio partendo dall’inizio: nella giuria del
premio letterario di Pomigliano d’Arco siede infatti il «deputato
Pietro Fratantaro», Esponente del Parlamento Mondiale di Palermo.
Leggiamo qualche passaggio dalla sua autobiografia: «Barone Cav. Pietro
Fratantaro: Il barone Pietro III° Fratantaro, cavaliere dell’unione
Cavalleria Cristiana Internazionale, presidente della Febac (Federazione
Europea Beni Artistici Culturali), presidente del Premio Tindari, è
stato eletto Deputato al Parlamento Mondiale fra gli Stati per
Da
Skopje a Casal di Principe
Non solo Napoli: anche Milano ha un “cuore” grande così. Lo
scorso 13 novembre all’Hotel Novotel del capoluogo lombardo vengono
infatti sfornati alcuni “ambasciatori” nuovi di zecca, tutti pronti
a combattere per la corazzata umanitaria di Skopje. Si tratta di «Silvio
Sabba, Mikeal Kenta, Max Bertolani, la ‘Talpa’ Diego Conte, il
naufrago Daniele Interrante, il musicista Ricky Portera e l’ex bomber
rossonero Daniele Massaro. Tra tutti – scrive la rivista Gossipnews
– anche due ‘comuni mortali’: il p.r. Ferdinando Martone e
l’industriale Massimo Manto», nominati anche loro sul campo «consiglieri
diplomatici della Prima Ambasciata dei Bambini del Mondo – Megjashi
– Repubblica di Macedonia, riconosciuta dal 1990 dalle Nazioni Unite».
Una investitura non certo insolita per questo tipo di compagini a
cavallo fra beneficenza & business, sempre con un manipolo di
massoni in cabina di regia. «Vanno alla ricerca – spiegano gli
studiosi del potere occulto – di volti noti che prestino la loro
immagine per attirare nuove sottoscrizioni e distogliere l’attenzione
dell’opinione pubblica». «Così accadde a Nicoletta Strambelli, in
arte Patty Pravo – aggiungono – quando accettò la nomina di
ambasciatore del Parlamento Mondiale di Palermo dalle mani di “Sua
Beatitudine” Vittorio Busà». Torniamo ai neo-diplomatici freschi di
incoronazione sotto
Perché proprio quello di Massimo Manto è un nome tutt’altro che
nuovo alle cronache locali “della bontà”. Gestore di sale giochi a
Frattamaggiore, Casoria e Santa Maria Capua Vetere con la sua Partenope
Bingo srl, Manto è stato più volte al fianco di Agostino Conte e
Antonio Diletto come sponsor di iniziative targate Megjashi destinate
alla raccolta fondi. Napoletano, 39 anni, studi all’Istituto Denza di
Posillipo, residente nello stesso quartiere, a via Manzoni, Massimo
Manto è titolar anche delle srl Emozioni, New Service, Società di
Progettazione e Realizzazione SPR, e Net-Com, ora in liquidazione. Suo
socio nella Partenopea Bingo è il cinquantanovenne Vincenzo Natale da
Casal di Principe, amministratore unico della società. La vocazione per
gli affari è una tradizione di famiglia, in casa Manto: suo padre
Nicola, che produceva apparecchiature telematiche, era fornitore della
Sip. Suo fratello Andrea Manto è stato a capo dei giovani industriali
della Campania fino allo scorso anno.
NEL
NOME DI LICIO
Non se ne stanno certo con il compasso appeso al chiodo Maurizio e
Raffaello Gelli, i due rampolli del venerabile. Partiamo dal maggiore,
l’ormai cinquantottenne Raffaello: oltre all’aretina Vali srl, in
cui lo troviamo (vedi articolo principale) come socio di maggioranza
insieme al fratello Maurizio e alla “poetessa” Maria Rosa Gelli,
Raffaello risulta titolare di quote in Omega, srl da 15 mila euro di
capitale, con sede sempre ad Arezzo, e soprattutto in Progest
immobiliare. Con cento milioni di vecchie lire in dote, anche Progest è
iscritta in origine al registro imprese aretino, ma sposta poi la sede
prima a Milano in via Borgogna, poi a Putignano, in provincia di Bari.
Socio di minoranza (con il 30 per cento delle quote) di Raffaello Gelli
in Progest è Fabrizio Serrai, classe 1954. La società, che realizza
interi quartieri e strutture alberghiere, risulta molto attiva anche in
Sicilia. Scarne le notizie sul socio Serrai, costruttore col
“vizietto” dell’amianto: poco tempo fa ha patteggiato a Palermo
una condanna per aver interrato una pesante lastra di amianto durante la
costruzione di 204 alloggi nel Palermitano. Preferisce le auto il
giovane Maurizio Gelli, 46 anni, che troviamo in pista con le aretine
Sport Car, 78 mila euro di capitale, Queimada e Vip Car, tutte srl.
Insieme alla moglie Serena Paci, Maurizio Gelli fu arrestato a Vienna
nel 1999, su mandato dell’autorità giudiziaria austriaca, con
l’accusa di riciclaggio.
Le
più recenti notizie “ufficiali” su di lui le fornisce Dagospia
l’11 ottobre dello scorso anno: «Stamattina alle ore 10 e 50
camminavano tranquillamente per via Ludovisi, nei pressi dell'hotel
Ambasciatori un individuo che assomigliava moltissimo a Licio Gelli, in
arte ex padrone d'Italia, con un sosia del figlio Maurizio Gelli. Il
sosia del primo lobbysta della storia Italiana si appoggiava su un
bastone con manico d'avorio che raffigura una gorgone». Mentre i figli
si dedicano al business, il venerabile dà libero sfogo alla
incontrollabile vena poetica. La stessa che nel ‘96 mise in
fibrillazione le massonerie internazionali, riuscite a strappare per il
gran maestro aretino addirittura una candidatura al Nobel per la
letteratura. Da Stoccolma a Sant’Anastasìa: da qualche mese Licio
Gelli cura una rubrica di poesia su un mensile della zona vesuviana, Il
Cittadino, diretto da Francesco De Rosa. «Nei prossimi numeri –
scrive Gelli nel primo articolo, ad aprile di quest’anno – rifletterò
con voi sui versi delle mie poesie. Ma non solo. Il numero d’esordio
lo dedicato (lo strafalcione è probabilmente della redazione, ndr) ad
un libro che ho pubblicato da poco e il cui titolo è “Ho finito
l’inchiostro”».
Poi
il venerabile si lascia andare ad alcune considerazioni poetiche sui «caduti
di Nassirya»: «Le parole di pace si fanno foglie sull’acqua quando
il fiume dell’odio trascina l’uomo tra i meandri impalpabili e
sconosciuti e lo trascina tra le rive di una vita ignota». Francesco De
Rosa è fra gli organizzatori del premio letterario partorito in quel di
Pomigliano d’Arco da Tina Piccolo. Nel 2002, quando ad aggiudicarsi il
palmarés fu Licio Gelli,