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Valdesi
e Umiliati
Tratto
da: «Ribelli: 1000 – 2000», Ed. Malatempora
di Marco Sommariva
Il
movimento valdese prende il nome da Pietro Valdo (1140 ca.
- 1217 ca.). Valdo
- agiato mercante di Lione - verso il 1170-1176 è attratto dalla «vita
apostolica» dopo la lettura fattagli in lingua volgare di un passo dei
Vangeli: «Va', vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni
e seguimi». Abbandona
la famiglia e la sua lucrosa attività, e distribuisce le sue ricchezze
ai poveri. Insieme ad alcuni amici, si dedica alla predicazione itinerante. Valdo e i suoi compagni, «idioti o illetterati»,
predicano il distacco dai beni di questo mondo sulle pubbliche piazze e
nelle case. Questo vale loro, nel 1184, una condanna da parte del
Concilio di Trento. L’arcivescovo
di Lione li richiama invano al silenzio, divieto in seguito
rinnovato da papa Alessandro III con lo stesso risultato. La diffusione
del movimento è rapida. Sorgono le prime comunità «valdesi» nella Francia meridionale e in Italia, seguite
da quelle nella Francia settentrionale, in Spagna, Germania, Svizzera,
Austria, Boemia, Ungheria e Polonia.
L’eresia valdese nasce
come rifiuto dei valori mondani (ricchezza, potere) espresso da
cittadini ricchi. Esalta la povertà evangelica e attacca gli uomini
della Chiesa «che nuotano nell'abbondanza
e nelle delizie». Dice che le oblazioni
per i defunti se le mangiano i chierici e non servono alle anime
dei trapassati; la messa e i canti liturgici ad alta voce servono «solo
per far denari»; feste, uffizi e
ordinamenti della Chiesa sono un'invenzione
dei preti per trarre tributi; papi e vescovi - possedendo
ricchezze - non seguono più gli Apostoli e quindi, essendo peccatori
immondi, non meritano alcuna obbedienza. Afferma che sono falsi i
miracoli della Chiesa, non attendibili i suoi riti e la sua disciplina.
Respinge la credenza nel purgatorio, le preghiere per i defunti e il
culto dei santi. Ritiene la Chiesa cattolica colpevole di apostasia a
partire da papa Silvestro (315-335).
Il sentimento
religioso di Valdo è semplice e robusto: non si tratta di trasformare
la Chiesa, ma di eliminarla. Tra il singolo e Dio non devono frapporsi né
sacerdoti né istituzioni ecclesiastiche e al papa è negato ogni
potere: le sue scomuniche non hanno validità. Questo radicalismo
intransigente scatena la dura repressione papale: oltre a divieti
di predicazione e scomuniche, i seguaci di Valdo
cominciano ad essere perseguitati.
Gli accoliti di Valdo sono
quasi tutti uomini di bassa condizione e di cultura rudimentale, che non
sanno il latino e per lo più non sanno neanche leggere. Ma la grande
forza dei Valdesi è proprio nel parlare al popolo col loro linguaggio:
vengono compresi subito. Inoltre, fa una grande impressione sulla gente
la loro rigida vita.
Il fatto che tutte le sette
valdesi pongano la questione del lavoro manuale, è significativo come
indice delle abitudini e della provenienza dei loro seguaci. Nei
processi dei Valdesi di Piemonte i protagonisti sono conciatori di
pelli, panettieri, calzolai, fruttivendoli, tessitori, tintori e osti.
Tra l'altro alla questione del lavoro manuale non tutti danno la stessa
soluzione: alcuni lo ritengono necessario per raggiungere la perfezione
e quindi obbligatorio per i capi spirituali della comunità; altri,
invece, lo negano.
I rettori imprigionati nel 1391 sono «pro
maxima parte illiterati et ydiotae»,
come già i primi compagni di Valdo. E’, però, la solita ingiuria
che i cattolici rivolgono ai loro avversari. In effetti i valdesi - come
altri eretici - sono
ignoranti, ma della cultura altrui. In compenso conoscono a fondo il
Vangelo.
Nel
XIV secolo, sotto
pressioni di vario genere, sparisce il ramo francese. Nonostante le
ulteriori persecuzioni del XVI e XVII secolo, il movimento valdese ha
continuato ad esistere in Italia e ha fondato «colonie»
in America settentrionale e meridionale.
Gli
Umiliati compaiono insieme o poco prima dei Valdesi.
Si vedono a Milano e in altre città lombarde intorno alla metà
del XII secolo. Sono
gruppi di laici - in gran parte poveri - che fanno vita in comune.
Probabilmente i più vengono dai bassi ceti operai - tessitori e
lavoratori di lana. Rifiutano il giuramento nei tribunali e la menzogna,
mentre lavorare è obbligatorio per la propria sussistenza e per fare
elemosine, poiché «nessuna
elemosina è più preziosa di quella che si fa coi frutti del proprio
lavoro».
Si
considerano veri fedeli, cristiani e cattolici. Chiedono a papa
Alessandro III conferma della loro vita in comune. La ottengono, ma
qualcosa di loro non rassicura visto che hanno il divieto di fare «conventicula»
e di predicare in pubblico, proibizioni che – ovviamente - molti non
rispettano.
Per gli Umiliati arriva prima la condanna del Concilio
di Verona del 1184 poi una serie di scomuniche. S'influenzano
reciprocamente con i Valdesi quando questi cominciano a battere la
Lombardia.
L'ingresso
nella congregazione di nuove persone di condizione più elevata, la
condanna di Verona, i contatti con i Valdesi, le
necessità pratiche della vita in comune e del lavoro in comune, il
prosperare dell'azienda industriale determinano il formarsi di diverse
e contrarie tendenze. C'è chi vuole rompere con Roma e chi vuole
accostarsi e saldarsi alla Chiesa romana. Alla fine alcuni decidono di
mettersi fuori della ortodossia e vanno ad arricchire la varia famiglia
degli eretici, altri - i più tanti finiscono col prestare
obbedienza ai vescovi. Non a caso papa Innocenzo
III,
nel 1199, raccomanda al vescovo di Verona, che faccia distinzione
fra eretici e Umiliati, fra Umiliati non sottomessisi al mandato
apostolico
Comunque li si voglia vedere, i moti ereticali sono
moti di cultura, indici di un lavorio intellettuale